giovedì 31 ottobre 2013

Diritti tv, Berlusconi: ''Sinistra ha fatto autogol, sentenza sarà ribaltata''

''La partita è ben lontana dal fischio finale perché la sentenza che mi ha condannato è fondata su delle falsità e sarà ribaltata molto presto''. Così Silvio Berlusconi nell'ultimo libro di Bruno Vespa, 'Sale, zucchero e caffè'.



"L'atteggiamento della sinistra, e non solo, è ormai sotto gli occhi di chiunque abbia anche soltanto un minimo di onestà intellettuale - dice l'ex premier - Ma hanno commesso un autogol". ''Gli italiani - aggiunge - hanno capito che vogliono eliminarmi per sempre dalla vita politica perché mi considerano l'ultimo ostacolo alla loro definitiva presa del potere".

A Palazzo Grazioli intanto nuova giornata di incontri e contatti per il Cavaliere che ha pranzato con i falchi Sandro Bondi e Denis Verdini e il leader dell'ala lealista, Raffaele Fitto, per fare un nuovo punto della situazione sui futuri assetti di Forza Italia in vista del consiglio nazionale e sul nodo della decadenza da senatore. Successivamente sono stati ricevuti in via del Plebiscito i 'pontieri', Paolo Romani, Gianni Letta, Altero Matteoli e Maurizio Gasparri.

Il leader azzurro, raccontano, è sempre più determinato ad accelerare sul passaggio formale dal Pdl alla nuova cosa azzurra e vuole anticipare il Cn per evitare un logoramento interno fino all'8 dicembre, giorno in cui il Pd celebrerà il suo congresso.

mercoledì 30 ottobre 2013

Vendola indagato per scandalo ILVA

TARANTO - Chiusa l'inchiesta «Ambiente Svenduto» sull'Ilva. Cinquantatrè le persone indagate. Tra i nomi è spuntato anche quello di Nichi Vendola, il presidente della Regione Puglia. Secondo la procura tarantina, il governatore avrebbe detto al direttore dell'Arpa di adottare una linea morbida contro il siderurgico tarantino. In particolare il leader di Sel è indagato per concussione in concorso con Girolamo Archinà, ex dirigente dei rapporti istituzionali dell'Ilva, Fabio Arturo Riva, ex presidente del gruppo Riva, Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento tarantino e Francesco Perli, legale del gruppo, per aver fatto pressioni sui vertici dell'Arpa, l'agenzia regionale per l'Ambiente, al fine di «ammorbidire» la posizione dell'agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'impianto siderurgico.
 

LA VICENDA CHE RIGUARDA VENDOLA - In particolare, il direttore dell'Arpa Giorgio Assennato ed i suoi funzionari Blonda e Giua - ricostruiscono i pm - avevano proposto nel giugno 2010 di ridurre e rimodulare il ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico in virtù dei risultati preoccupanti dei campionamenti sulla qualità dell'aria che avevano evidenziato valori elevati di benzoapirene. È a questo punto, secondo i magistrati, che il presidente Vendola avrebbe «consigliato» ad Assennato a modificare la posizione sull'Ilva minacciandolo di non confermare il suo incarico alla direzione dell'Arpa (in scandenza a febbraio 2011). Vendola lo avrebbe quindi costretto ad ammorbidire la posizione dell'Arpa permettendo così all'acciaieria tarantina di continuare a produrre ai massimi livelli, come fino ad allora era avvenuto. In un incontro del 22 giugno 2010 con gli assessori Fratoianni e Losappio, il capo Gabinetto alla Regione Francesco Manna ed il dirigente Davide Pellegrini il presidente Vendola, dopo aver fortemente criticato l'operato dell'Arpa, avrebbe ribadito che in nessun caso l'attività produttive dell'Ilva avrebbe dovuto subire ripercussioni. Quasi un mese dopo, nel corso di una riunione con Emilio e Fabio Riva, il direttore Capogrosso ed Archinà, Vendola avrebbe convocato Assennato lasciandolo attendere fuori dalla stanza. In quell'occasione Assennato sarebbe stato inoltre ammonito dal dirigente all'Ambiente Antonello Antonicelli, su incarico di Vendola, a non utilizzare i dati tecnici «come bombe carta che poi si trasformano in bombe a mano».  

GLI ALTRI NOMI DELL'INCHIESTA - Nell'inchiesta risultano coinvolti anche il sindaco Ippazio Stefàno, il parlamentare di Sel, Nicola Fratoianni (all'epoca assessore regionale), l'attuale assessore regionale all'Ambiente Lorenzo Nicastro, il consigliere regionale del Pd Donato Pontassuglia. Gli altri avvisi di garanzia sono in corso di notifica al patron Emilio Riva e ai suoi figli Nicola e Fabio. Sono ancora coinvolti il consigliere regionale Donato Pentassuglia i dirigenti della Regione Antonicelli, Manna, Pellegrino ed anche il direttore dell'Arpa Giorgio Assennato, il direttore scientifico dell'Arpa Massimo Blonda. Ecco la lista di tutti gli indagati: Emilio Riva (1926), Nicola Riva (1958), Fabio Arturo Riva (1954); Luigi Capogrosso (1955), Marco Andelmi (1971), Angelo Cavallo (1968), Ivan Dimaggio (1969), Salvatore De Felice (1964), Salvatore D'Alò (1959), Girolamo Archinà (1946), Francesco Pervi (1954), Bruno Ferrante (1947), Adolfo Buffo (1956), Antonio Colucci (1959), Cosimo Giovinazzi (1974), Giuseppe Dinoi (1984), Giovanni Raffaelli (1963), Sergio Palmisano (1973), Vincenzo Dimastromatteo (1970), Lanfranco Legnani (1939), Alfredo Cerinani (1944), Giovanni Rebaioli (1948), Agostino Pastorino (1953), Enrico Bessone (1968), Giuseppe Casartelli (1943), Cesare Cotti (1953), Giovanni Florido (1952), Michele Conserva (1960), Vincenzo Specchia (1953), Lorenzo Liberti (1942), Roberto Primerano (1974), Marco Gerardo (1975), Angelo Veste (1938), Giovanni Bardaro (1962), Donato Perrini (1958), Cataldo De Michele (1959), Nicola Vendola (1958), Ippazio Stefàno (1945), Donato Pentassuglia (1967), Antonello Antonicelli (1974), Francesco Manna (1974), Nicola Fratoianni (1972), davide filippo Pellegrino (1961), Massimo Blonda (1957), Giorgio Assennato (1948), Lorenzo Nicastro (1955), Luigi Pelaggi (1954), Dario Ticali (1975), caterina Vittoria Romeo (1951), Pierfrancesco Palmisano (1953), Ilva spa (in persona del commissario straordinario Enrico Bondi), Riva Fire spa (in persona del consigliere delegato e legale rappresentante Angelo Massimo Riva ), Riva Forni Elettrici spa (in persona del presidente legale e rappresentante Cesare Federico Riva).

GLI AVVISI DI GARANZIA - Il provvedimento è stato firmato dal procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dai sostituti procuratori Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano. Quest'ultimo è titolare di due fascicoli d'inchiesta relativi ad incidenti mortali verificatisi all'Ilva di Taranto, fascicoli che sono stati inglobati nell'inchiesta-madre. I reati contestati agli indagati vanno dall'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale all'avvelenamento di sostanze alimentari, all'emissione di sostanze inquinanti con violazione delle normative a tutela dell'ambiente..

L'INCHIESTA - L'avviso di conclusione delle indagini preliminari consiste in una quarantina di pagine con una fitta rete di capi d'imputazione. Per un gruppo di indagati - si conferma in ambienti giudiziari - sarà confermata l'accusa di aver costituito un'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari e ad altri reati minori. Dall'inchiesta -madre resterà fuori l'indagine riguardante le discariche di rifiuti dell'Ilva e relative autorizzazioni, peraltro ora in fase di revisione sul piano amministrativo. Prosegue intanto, sull'asse Taranto-Londra, la battaglia giudiziaria da parte dei legali di Fabio Riva, vice presidente di Riva Fire, in libertà vigilata nella capitale inglese dal gennaio scorso dopo che era stata dichiarata la sua latitanza perché non rintracciato sulla base di un mandato di arresto europeo. I difensori del dirigente di Riva Fire hanno chiesto alla Procura copia delle perizie chimica e medico-epidemiologica, disposte dal gip Patrizia Todisco ed elaborate da due gruppi di esperti, depositate nell'incidente probatorio conclusosi il 30 marzo 2012. La Procura avrebbe già dato disposizioni per far pervenire la documentazione, pur manifestando qualche perplessità. La prossima udienza finalizzata alla richiesta di estradizione di Fabio Riva si terrà nel gennaio 2014. Nel frattempo la Procura ionica potrebbe già aver depositato al gup la richiesta di rinvio a giudizio e della fissazione dell'udienza preliminare.

Sulla decadenza si voterà con il voto palese

La giunta per il regolamento del senato, riunita dalle 9 del 30 ottobre per decidere sulla modalità di voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, ha deciso che in aula si voterà con il voto palese con 7 voti a favore e 6 contrari. Pietro Grasso, in quanto presidente della giunta, non ha votato. L’ago della bilancia nella decisione è stata la senatrice di Scelta civica Linda Lanzillotta, indecisa fino all’ultimo momento, che ha confermato il suo sì al voto palese.


“Io sono per il voto palese e ho proposto di circoscrivere la decisione all’applicazione della norma della legge Severino”, ha detto la senatrice Linda Lanzillotta di Scelta civica durante una pausa dei lavori della giunta per il regolamento sulla decadenza di Silvio Berlusconi.

martedì 29 ottobre 2013

M5S: Grillo ironizza, dissidenti? Siamo sciolti, non c'e' rimasto nessuno

Beppe Grillo lascia il Senato e improvvisa un siparietto. Si allontana dagli uffici del gruppo M5S sgranando gli occhi e chiedendo: "dov'è l'ascensore? Portatemi via".



I cronisti gli domandano dello 'strappo' dei dissidenti, con la senatrice Bignami che ha minacciato le dimissioni in caso di un mancato incontro con il leader. "Ma chi è Bignami?", chiede Grillo. Da dietro le telecamere, il capogruppo Paola Taverna grida: "Beppe, è Laura". "Ma stai scherzando? - replica allora Grillo a una cronista - se vuoi ti dico quel che vuoi sentirti dire: 'siamo sciolti, non c'è rimasto nessuno", grida mentre si chiudono le porte dell'ascensore.

Telecom, scambio accuse De Benedetti-Tronchetti Telefonica: impegno è che resti italiana

«Se l'ingegnere vuole contestare qualcosa sono a disposizione per eventuali rettifiche. Mi confronto sui fatti, anche pronto a farlo pubblicamente se l'ingegnere accetta, non sugli insulti». Così Marco Tronchetti Provera risponde a Carlo De Benedetti che lo accusa della «distruzione» di Telecom. «La storia delle persone e delle aziende, anche quella dell'ingegner De Benedetti, si deve raccontare guardando i fatti in modo oggettivo e rispettandoli» aggiunge in una nota.


«Se anche io raccontassi la storia delle persone attraverso i luoghi comuni e gli slogan potrei dire che l'ingegner De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci di Olivetti, per lo scandalo legato alla vendita di apparecchiature alle Poste italiane, che fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano, che finì dentro le vicende di Tangentopoli. Invece non lo faccio perchè sarebbe sbagliato - dichiara Tronchetti in risposta a Carlo De Benedetti - Questo paese ha bisogno di altro. Guardate dove ci ha portato la guerra per bande di questi anni». «La storia delle persone e delle aziende, anche quella dell'ingegner De Benedetti, si deve raccontare guardando i fatti in modo oggettivo e rispettandoli - prosegue Tronchetti -. Ricordando e prendendo atto delle sentenze, comprese quelle dove l'ingegnere è stato assolto o prescritto. Questo è un Paese dove in tanti, se avessero un filo in più di memoria e di buon gusto, dovrebbero smettere di fare la morale agli altri. La storia della mia gestione di Telecom è sul sito Pirelli».
«Tronchetti anzichè esercitarsi in esercizi di dozzinale retorica, che contiene anche falsità, con le sue sconsiderate decisioni 'imprenditorialì ha distrutto miliardi di valore per gli azionisti Pirelli. È stato costretto a vendere per pochi soldi ai suoi dirigenti la divisione cavi (Prysmian) che oggi capitalizza oltre i due terzi di Pirelli per poi essere salvato miracolosamente dal fallimento per misterioso intervento delle banche che ancora si leccano le ferite e alzano bandiera bianca vendendo Telecom a Telefonica. Se c'è una persona a cui converrebbe essere dimenticato per la sua avidità e incapacità è proprio Tronchetti», dice l'ingegnere Carlo De Benedetti riguardo a Marco Tronchetti Provera.

L'azienda. L'impegno di Telefonica è che «Telecom Italia resti italiana e mantenga l'occupazione in Italia», ha intanto affermato il presidente della compagnia spagnola Cesar Alierta, uscendo da Palazzo Chigi dove ha incontrato il premier Enrico Letta.
C'è l'impegno chiaro da parte di Telefonica perchè crescano gli investimenti in fibra ottica e 4G di Telecom Italia, ha aggiunto. «È stata una riunione - ha detto Alierta ai giornalisti al termine dell'incontro - molto cordiale, nel corso della quale abbiamo manifestato al premier il nostro impegno, come socio industriale di Telecom Italia, di aiutare a sviluppare il mercato domestico e gli investimenti». Secondo Alierta, infatti, «gli investimenti sono fondamentali per lo sviluppo della tecnologia delle comunicazioni di qualunque Paese, servono alla crescita dell'economia italiana e di Telecom Italia». L'incontro di oggi tra il premier Enrico Letta e il presidente di Telefonica Cesar Alierta «è stato interlocutorio». Lo riferiscono fonti di palazzo Chigi, aggiungendo che «Letta ha ascoltato le considerazioni di Alierta con particolare riferimento a investimenti, sicurezza e occupazione, e si riserva una valutazione in sede collegiale».

La Borsa. Seduta in spolvero per Telecom in Piazza Affari. Il titolo si è riportato su quota 0,72 euro (0,719) con un in rialzo del 6,12% dopo che a Palazzo Chigi il presidente di Telefonica Cesar Alierta ha incontrato il premier Enrico Letta. Gli analisti parlano di «ricoperture» sul titolo. Il volume degli scambi è stato comunque più o meno nella media dell'ultimo mese: oltre 200 mila i pezzi passati di mano.

Decadenza, Nitto Palma: "La Giunta fermi i lavori, la Severino è irretroattiva"

"Fermate tutto". Ancora bagarre. La Giunta per il Regolamento riunita al Senato per discutere la proposta di modifica che introdurrebbe il voto palese in Aula per la decadenza di Silvio Berlusconi, si è trasformata nell'ennesimo scontro tra Pd e Pdl.
 

E i lavori sono stati interrotti dopo la relazione  introduttiva della pidiellina anna Maria Bernini per consentire la prosecuzione dei lavori dell'Aula del Senato sul decreto Pubblica amministrazione. La data del voto non è stata ancora fissata e le motivazioni della sentenza Mediaset divulgate dalla Corte d’Appello di Milano diventano una freccia nell'arco del Pdl. Gli azzurri in precedenza avevano ottenuto la sospensione dei lavori perché “la corte d’Appello di Milano ha appena detto che l’incandidabilità è una sanzione amministrativa, e pertanto non è retroattiva. Quindi dà ragione a noi e non c’è motivo di andare avanti”, ha spiegato il senatore del Pdl ed ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma.  Sullo stesso fornte si chiera anche il capogruppo del Pdl, Renato Brunetta: "La sanzione amministrativa e' irretroattiva motivazioni con le quali la Corte d'Appello di Milano ha ricalcolato l'interdizione dai pubblici uffici del presidente Berlusconi, e' ormai chiaro a tutti come occorra un ulteriore approfondimento sull'applicabilita' della legge Severino", afferma Brunetta.

"Lo dicono pure i giudici, è irretroattiva" -
"La Corte d'Appello, infatti, tra le righe di una motivazione sconclusionata, come del resto l'intera sentenza, - prosegue - da' ragione, come ha fatto giustamente notare il senatore Nitto Palma, ai dubbi avanzati dal Pdl e che fino a questo momento sono stati del tutto ignorati". E ancora: "La Corte definisce l'incandidabilita' una sanzione amministrativa, con la conseguenza, grazie ad una legge del 1981, della sua irretroattivita'. La legge Severino non e' dunque applicabile irretroattivamente e la Giunta per le elezioni del Senato dovra' prenderne atto disponendo nuove e piu' approfondite sessioni, sino al ricorso, come noi auspichiamo da tempo, alla Corte Costituzionale. Non e' piu' possibile proseguire in modo cosi' frettoloso e superficiale allo stesso tempo, applicando, per la prima volta ad un parlamentare della Repubblica, una legge che di giorno in giorno sta mostrando tutte le sue contraddizioni e i suoi lati oscuri", conclude Brunetta.

sabato 26 ottobre 2013

Immigrazione : Il mare è nostro ma anche i dubbi

L’operazione Mare Nostrum, così come è stata (o non è stata) delineata solleva questioni importanti prima di tutto sul piano interno. Ancora una volta si profila all’orizzonte ciò che in nessun altro Paese civile accade: Forze Armate  che esercitano supplenza per attività che la legge affida ad altre agenzie, create e finanziate per quegli scopi. Sembra risvegliarsi quella sorta di “richiamo della foresta”, che da due decenni ha portato i soldati nelle strade, in attività di ordine pubblico e sicurezza e che ora si rigenera nei mari, scenario in cui il Ministro della Difesa si avvia ad essere l’operatore dominante, per tempi che potrebbero eccedere la fase emergenziale.


 Non abbiamo poi visto o sentito il Ministro Lupi, dal quale dipendono funzionalmente le Capitanerie, alle quali la legge italiana affida il coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso in mare, anche nelle loro dimensioni internazionali. Per meglio capire chi fa cosa, secondo quanto stabilito dalla legge, non è il caso che la Presidenza del Consiglio attivi quei famosi tavoli di coordinamento interministeriale che lo stesso vertice di governo ha di recente istituito per decreto, proprio per far fronte a situazioni di crisi in cui è necessaria una robusta opera di composizione di quadri complessi?  L’esperienza delle ultime scorribande nelle diverse articolazioni dello Stato, legate alla vicenda dei marò ed alla “extraordinary rendition”  Shalabayeva, anche tenendo conto delle evidenti differenze, ne consiglierebbero la sollecita attivazione in seduta quasi permanente.

Sul piano tecnico-operativo poi bisognerebbe puntare su un robusto passo diplomatico con i Paesi rivieraschi per far si che i droni, questi mezzi straordinari che possono operare 24 ore su 24,  anziché essere impiegati in una ricerca senza mèta in mare aperto (non sono mezzi di sorveglianza d’area), vengano utilizzati per il pattugliamento delle coste libiche, per individuare in maniera precoce le attività preparatorie all’imbarco e fermarle per tempo. In fin dei conti con la Libia vi sono già attività di cooperazione avviate, è operante un contratto per il controllo della frontiera sud, è stato formalmente accettato un piano italiano di controllo delle frontiere terrestri e marittime, stiamo addestrando da molti mesi le loro forze di sicurezza. Pur nella consapevolezza della fragilità ed evanescenza dell’interlocutore, un tentativo di convincimento, associato a qualche incentivo,  andrebbe di certo fatto.
Sempre sul piano internazionale, il coinvolgimento dell’Unione Europea non può limitarsi alla promessa di potenziare – peraltro con soli 30 milioni di euro- il meccanismo Frontex. Altri Paesi con fragilità strutturali lungo le frontiere marittime o con problemi peculiari di sicurezza nei mari prospicienti, si sono attrezzati con Servizi di Ricerca e Soccorso in mare aperto molto capaci.È il caso ad esempio  di Gran Bretagna, Australia, Canada e Portogallo;  questi ultimi due hanno da tempo posto requisiti stringenti per elicotteri di ricerca e soccorso a distanze dalla costa superiori a quelle del bacino mediterraneo. In Portogallo di recente un elicottero AW 101, un mezzo che può salvare in mare svariate decine di naufraghi, ha compiuto con successo una missione dalle Azzorre della durata di quasi nove ore, a 700 km di distanza dalla costa ed in piena notte. E’ con questo tipo di Servizio, affiancato da altri dispositivi aerei e marittimi associabili, che l’Europa dovrebbe proteggere le sue frontiere a Sud, ad iniziare dai suoi segmenti più esposti. Per una mitigazione del fenomeno emigrazione, questa pare l’unica valida alternativa, ad una perdurante ed impropria militarizzazione unilaterale del Mediterraneo, la cui efficacia e sopportabilità finanziaria sono tutte da d

Cgia di Mestre: ecco tutte le tasse per le imprese

Il calendario scandisce le sprangate fiscali.Il governo si è accanito sulle imprese e ora gli imprenditori devono mettere mano al portafoglio. Tra novembre e dicembre le imprese dovranno onorare ben 28 scadenze fiscali e contributive che costeranno almeno 76 miliardi di euro. Ad affermarlo e’ il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi. “A seguito di ben 28 scadenze fiscali e contributive che si concentreranno nei prossimi mesi di novembre e dicembre, le imprese italiane – denuncia – saranno chiamate a versare allo Stato e agli Enti locali almeno 76 miliardi di euro.
 

Sfiancate dalla crisi e sempre piu’ a corto di liquidita’, c’e’ il pericolo che molte piccole e micro imprese non riescano a superare questo vero e proprio stress test fiscale”. Secondo una stima della Cgia, l’imposta che richiedera’ lo “sforzo” finanziario piu’ importante e’ l’Iva: le imprese dovranno versare all’Erario 26,5 miliardi di euro. L’acconto Ires, vale a dire l’imposta sul reddito delle societa’ di capitali, garantira’ alle casse dello Stato 16,9 miliardi di euro, mentre il pagamento dell’acconto Irap (Imposta regionale sulle attivita’ produttive) portera’ altri 11,6 miliardi di euro di gettito. Le altre scadenze che gli imprenditori dovranno onorare sono le ritenute Irpef dei lavoratori dipendenti del settore privato e quelle riferite ai lavoratori autonomi (pari a 12 miliardi di euro) , gli acconti Irpef (4,8 miliardi) e il pagamento della seconda rata dell’Imu (4,4 miliardi). Dal gettito complessivo, pari a poco piu’ di 76 miliardi di euro, non sono state incluse le cifre riguardanti i versamenti relativi all’ultima rata della Tares (la nuova tassa sui rifiuti) e i contributi Inps a carico delle imprese e dei dipendenti. L’ammontare della spesa, per una Srl con 12 addetti, superera’ i 54.500 euro. L’incremento dell’aliquota ordinaria dal 21% al 22% e’ scattato il 1° ottobre scorso.

Il calendario - Ecco tutte le scadenze: Imu - Verso la meta’ di dicembre gli imprenditori saranno chiamati al versamento della seconda rata dell’Imu. Con la legge di Stabilita’, gia’ da quest’anno possono dedurre dal reddito di impresa il 20% dell’Imu. Tares, di fatto, l’applicazione del nuovo tributo ambientale e’ stata posticipata a fine anno. La normativa, infatti, ha stabilito che i Comuni possono decidere il numero delle rate di versamento. La determinazione dell’ammontare complessivo dovuto a titolo di Tares avverra’ con l’ultima rata di dicembre, dalla quale saranno detratti gli importi effettuati in precedenza. Sul fronte irpef invece da quest'anno acconti sono rincarati dal 99 al 100%.

Il pm rimuove le vignette anti-Cav Per lui nessuna punizione

Chi lo conosce sostiene che è un magistrato attento e scrupoloso, di uno che non ama stare al centro dell'attenzione, poco avvezzo alle prime pagine di giornale. E così, il pm Edoardo De Santis, non appena il Giornale ha reso pubbliche le foto esposte nella stanza della segreteria, le ha fatte rimuovere. Non prima, però, racconta il Corriere della Sera, di aver avvertito il procuratore Giuseppe Pignatone.
 

Solo a quel punto le vignette che ritraevano Berlusconi sul letto di morte e quella insieme ad Alfano con la didascalia "Reo con Fesso" sono state rimosse. Troppo tardi, però, per evitare l'imbarazzo della Procura che comunque non ha preso provvedimenti nei confronti della toga che "esibisce in ufficio", così recita il titolo del Giornale di ieri, "il suo odio per Berlusconi".

De Santis, chiuso nella sua stanza, ha preferito non commentare la cosa, ma pare quasi certo che quelle vignette fossero nella stanza in cui lavorano gli addetti alla segreteria da un paio di giorni e che ad attaccarle sul muro dove venivano sistemati i fascicoli istruttori sia stato un collaboratore del pm che le aveva fotocopiate da un avvocato

venerdì 25 ottobre 2013

Cassazione lumaca con De Benedetti.

Un anno e quattro mesi circa. È dal 28 giugno del 2012, infatti, che a Roma in Corte di Cassazione pende il ricorso del gruppo Espresso, presieduto dall'ingegner Carlo De Benedetti, contro una sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che lo condanna al pagamento di 225 milioni (per il quale è stata ottenuta una sospensiva) per la mancata dichiarazione di plusvalenze realizzate nell'ambito della quotazione in Borsa di Repubblica nel 1991.


 Nel bilancio al 30 giugno 2013 dell'Espresso è già stanziato un accantonamento di 34,3 milioni allo scopo a fronte di un rischio massimo di 359,7 milioni tra maggiori imposte, interessi legali e sanzioni (il ricorso comprende anche una vertenza su benefici fiscali da operazioni di usufrutto azionario con soggetti esteri).

La vicenda si trascina tra Commissioni e Cassazione da oltre vent'anni. Ma perché da 485 giorni la suprema corte non fissa l'udienza? «Ci vogliono oltre tre anni per discutere un ricorso», ci spiega l'avvocato Giuseppe Marino, tributarista e cassazionista ma soprattutto allievo di Livia Salvini, legale dell'Espresso nella vertenza. Si può ben utilizzare, quindi, l'espressione «a tempo di record» per la sentenza che - a distanza di due anni dall'appello - ha bocciato il ricorso Fininvest sul Lodo Mondadori consegnando all'Ingegnere ben 540 milioni. Le statistiche 2012 della Cassazione, infatti, indicano in circa 36 mesi il tempo per avere soddisfazione sui ricorsi tributari. Il 75% dei giudizi civili l'anno scorso ha riguardato atti depositati 2 anni prima e oltre.

«I giudici della tributaria sono solo 24 e hanno un arretrato di 30mila cause cui ogni anno se ne aggiungono 9mila, adesso sono arrivati alla fine del 2009», aggiunge Marino. E il gruppo Espresso non ha fretta di pagare visto che nelle note al bilancio giudica come «probabile» e «possibile» la soccombenza sulle due controversie.

Qui finisce la parte «tecnica» e comincia quella «politica». In Cassazione una causa procede speditamente se il relatore cui è affidata vi vede particolari motivi di urgenza come la manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso. Se ciò non accade, ci sarebbe la possibilità per il presidente della sezione di organizzare il lavoro anticipando la trattazione di cause più rilevanti. Non tanto per i 350 milioni in ballo (la Cassazione non guarda agli importi: il 70% delle cause tributarie ha valore inferiore a 20mila euro), ma per il profilo giurisprudenziale. L'avvocato di De Benedetti, Livia Salvini, aveva biasimato l'intento della Commissione tributaria e dell'Agenzia delle Entrate di «sindacare le scelte economiche». Magistrati che mettono in discussione le libertà costituzionali, forse l'aveva detto anche qualcun'altro.

L'Agenzia delle Entrate, fanno notare altri fonti legali, avrebbe potuto «spingere» per un'accelerazione del dossier mediante l'Avvocatura dello Stato. Anche perché sarebbe suo interesse recuperare quei 225 (o 359) milioni. E, invece, lo zelo è inferiore a quello esplicato nei controlli a sorpresa sui possessori di Suv. Certo, il gruppo Espresso ha lamentato di non aver avuto accesso al condono sulle liti pendenti ultradecennali come la «gemella» Mondadori. Ma è altrettanto vero che da 485 giorni per l'Ingegnere è tutto fermo.

Legge elettorale, Lega e M5S: "Non andiamo da Napolitano"

No del M5S e della Lega all'incontro con il presidente della Repubblica Napolitano per discutere di legge elettorale. I due gruppi erano stati invitati al Quirinale per un confronto sulle ipotesi di cambiamento del 'porcellum', ma hanno deciso di disdettare.


La decisione dei grillini e del Carroccio arriva il giorno dopo il vertice al Colle con i capigruppo della sola maggioranza. A seguito delle critiche mosse dai grillini, ma anche della Lega, Fdi e Sel, dall'ufficio stampa del Quirinale nella serata di ieri è infatti trapelata la notizia della volontà del Capo dello Stato di ascoltare i vari gruppi di opposizione sulla riforma del Porcellum. Ma per i vertici del Movimento quella del Colle è "una mossa tardiva: tentano di mettere una pezza quando ormai il guaio è fatto". "E poi basta - avrebbe ripetuto un infuriato Grillo ai suoi - con un presidente che rappresenta solo chi gli pare, ignorando i 9 milioni di italiani che ci hanno votato".

Oggi, in una nota congiunta i capigruppo stellati al Senato, Paola Taverna, e alla Camera, Alessio Villarosa, hanno ribadito: "Non andremo perché non siamo né in una monarchia assoluta, né in una repubblica presidenziale. Secondo l'articolo 87 della Costituzione, il Presidente della Repubblica può inviare messaggi alle Camere, cioè a tutte le forze politiche. Ricevere invece le forze di maggioranza su temi specifici e delicatissimi come la legge elettorale, magari dando indicazioni e suggerimenti nel chiuso delle stanze e poi, solo il giorno dopo, ricordarsi di ricevere i 'plebei' delle opposizioni, è perlomeno fortemente irrituale".

Sulla stessa linea la Lega Nord: "Oggi non andremo dal Presidente Napolitano. Non ci piacciono le convocazioni frettolose, fatte all'ultimo minuto solo nel tentativo di rimediare a un errore molto grave. Quanto accaduto ieri, ribadiamo, e' gravissimo: aver convocato un vertice con la sola maggioranza su un tema parlamentare è sintomo di partigianeria inaccettabile", dichiara Massimo Bitonci, annunciando però la disponibilità ad essere ricevuti da soli. "Chiediamo al presidente della Repubblica di essere ricevuti in delegazione completa, con il nostro segretario Maroni", sottolinea l'esponente del Carroccio, "e non insieme al resto dell'opposizione con la quale non ci riconosciamo. Abbiamo nostre proposte da rappresentare che sono lontane mille miglia da quelle di Sel o M5S".

Di fatto, i rapporti tra Napolitano e i 5 Stelle si fanno sempre più tesi, giorno dopo giorno. Ieri da Trento l'annuncio di Grillo: "abbiamo dato mandato al nostro ufficio legale per presentare la richiesta di impeachment". Una strada, quella della messa in stato d'accusa del Presidente, a cui i grillini lavorano alacremente da giorni: da Roma sarebbero già stati spediti dei dossier, diretti a Genova e Milano, con tutte le informazioni per dare seguito alla richiesta di impeachment contro Napolitano.

Non d'accordo con la posizione di M5S il sindaco di Firenze Matteo Renzi, secondo il quale la decisione di Napolitano di ascoltare anche l'opposizione rispecchia il suo ruolo: "Se avesse convocato solo la maggioranza non sarebbe stato bello. Siccome ha convocato anche l'opposizione, fa il suo ruolo".

Il candidato alla segreteria del Pd, poi aggiunge che la vicenda della riforma della legge elettorale "sta diventando una barzelletta". "Io piango da 25 settimane perchè questo era uno dei temi fondamentali. Anzi, ci sono anche 70 settimane precedenti quindi dovremmo festeggiare la 100esima settimana senza che si sia fatto nulla", ha detto, spiegando che c'è "un solo modo credibile" per uscire da questa situazione: "Con una legge chiaramente bipolare con cui nessuno poi va a braccetto con l'altro, che consenta di sapere subito chi ha vinto e che garantisca la stabilità per cinque anni".

Alfano a Berlusconi: "In questa Forza Italia io non entro"

L'ora X. L'ufficio di presidenza. Silvio Berlusconi vuole azzerare le cariche e tornare a Forza Italia. Il Cav ha sposato la linea dei falchi, o meglio dei lealisti. E all'angolo ci finisce Angelino Alfano: l'ex premier avrebbe intenzione di proporre ad Angelino il ruolo di vicesegretario o di vicepresidente di Forza Italia. Numero due, insomma. Berlusconi si ritaglierebbe il ruolo di segretario o presidente con pieni poteri. Sullo sfondo resta l'ipotesi del passaggio di consegne alla figlia Marina, in caso di elezioni anticpate. Quella che sembra defilarsi, dunque, è una Forza Italia a trazione anti-gorvernista. Una FI in contrapposizione alle larghe intese, di cui Alfano è vicepremier. Una Forza Italia con Angelino nuovamente in seconda fila.



L'incontro - Per il segretario e il suo "cerchio magico" è il giorno più difficile. Deve, anzi devono scegliere: restare in Forza Italia o andarsene? E se se ne vanno, in che modo? Oppure piegarsi ai diktat del Cavaliere? La situazione è tesissima, e anche per questo, prima dell'ufficio di presidenza che inizierà alle 17, è stato annunciato un nuovo faccia a faccia tra Berlusconi e Alfano. Il segretario, scuro in volto, avrebbe detto al leader che "in questa Forza Italia io non ci voglio entrare. Silvio, fermati". Altre fonti interne al partito riferiscono che i "filogovernativi", le colombe, fanno pressioni su Berlusconi per rimandare la riunione del partito, poiché manca un'intesa sui futuri assetti interni. Per questo motivo sarebbe stato elaborato un nuovo documento che potrebbe essere diramato a brevissimo per ribadire il peso specifico delle cosiddette colombe.

La conta - Nell'ufficio di presidenza, per inciso, Alfano è destinato ad andare in minoranza. Da Statuto, vi prenderanno parte solamente i "membri effettivi", ovvero 24. Di questi, carte alla mano, soltanto cinque sono annoverabili tra le fila dei cosiddetti governativi: Angelino Alfano, Renato Schifani,Maurizio Sacconi, Carlo Giovanardi e Roberto Formigoni. In nettissima maggioranza, dunque, i lealisti, contrari alle larghe intese e riuniti da Raffaele Fitto. Sei gli indecisi. Ma "se nella peggiore delle ipotesi si dovesse andare alla conta", spiegano gli azzurri, "i lealisti vincerebbero per 13 voti a 11". E il Pdl-Forza Italia, andando alla conta sulla linea politica da seguire, potrebbe - davvero - arrivare alla scissione.

Lavitola indagato a Panama

Valter Lavitola, rinviato ieri a giudizio per una presunta compravendita di senatori, è indagato per corruzione internazionale nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti a Panama.


 L' ex direttore dell' ''L'Avanti!'' avrebbe promesso al presidente dello Stato centroamericano, Ricardo Martinelli, la costruzione di un ospedale da parte di Impregilo, all'epoca dei fatti guidata da Massimo Ponzellini, in cambio dell'appalto per la realizzazione della metropolitana di Panama City.

giovedì 24 ottobre 2013

Decreto Pa, i falchi del Pdl all’attacco Brunetta: "Il testo può decadere"

Sì, in tarda serata, dell’Aula della Camera al decreto legge in materia di pubblica amministrazione. Il testo ora torna al Senato. I voti a favore nell’Aula della Camera sul decreto legge in materia di Pa sono stati 208, 11 i contrari, 76 gli astenuti. Ma durante la giornata i falchi Pdl sono andati all’attacco sul decreto legge sulla Pubblica amministrazione, la maggioranza è andata in sofferenza e il Governo è stato costretto a minacciare la fiducia sul provvedimento.


È stato il capogruppo Pdl alla Camera, Renato Brunetta, a dare fuoco alle polveri su più fronti, facendo capire come ormai qualunque provvedimento può essere oggetto di scontro parlamentare. La tensione si è manifestata sin dalla capigruppo alla Camera quando ha gelato il ministro Dario Franceschini assicurando che per il Pdl «il decreto sulla Pa può decadere». A questo punto il Governo è stato costretto a ragionare sulla possibilità di porre la fiducia su un provvedimento che in origine non sembrava presentare troppe spigolosità. Una fiducia al decreto che si sarebbe trasformata di fatto in una pericolosa “conta” dentro la maggioranza.

Legge elettorale, vertice da Napolitano. Grillo: "Chiederemo l'impeachment"

Pressing del Quirinale per cambiare la legge elettorale. Giorgio Napolitano ha convocato un vertice con rappresentanti del governo e della maggioranza per sollecitare il superamento del Porcellum prima della sentenza della Consulta, prevista per il 3 dicembre.


Nell'ora di colloquio al Quirinale, Napolitano avrebbe confermato la sua preoccupazione per un Parlamento che non riesce a trovare una soluzione di riforma elettorale e si fa 'battere', nei tempi e nel merito delle modifiche al Porcellum, dalla Consulta. Per raccogliere l'indicazione del Colle, serve un accordo tra Pd e Pdl. Una bozza di quell'intesa esiste già ed è stata esposta, come ipotesi di lavoro, in commissione Affari Costituzionali al Senato. Ma nel Pd non tutti remano in questa direzione. E visto il niet del Pdl verso il doppio turno, la riforma entro dicembre non vedrebbe mai la luce.

All'incontro al Quirinale, (in agenda già da alcuni giorni) c'erano i capigruppo di Pd, Pdl e Scelta Civica e i ministri Dario Franceschini e Gaetano Quagliariello. "Eravamo lì in veste di ministri competenti. Non c'è un'iniziativa del governo. La riforma elettorale è materia parlamentare", ha detto poi Franceschini rispondendo ai cronisti. Alla riunione c'era anche Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari Costituzionali al Senato. Qualche ora più tardi, proprio in commissione a Palazzo madama è stata illustrata un'ipotesi di lavoro, a cui hanno lavorato Doris Lo Moro del Pd e Donato Bruno del Pdl. Si tratta di un sistema proporzionale con un premio di maggioranza che scatta alla Camera per quella lista o coalizione che raggiunge il 40 per cento.

Quanto alla scelta degli eletti il 20% dei seggi, senza prevedere voto di preferenza, viene calcolato su liste circoscrizionali di candidati, con alternanza di genere, nelle attuali 26 circoscrizioni. Il restante. L'80% dei seggi, sempre con metodo proporzionale, viene assegnato "su base circoscrizionale, su liste di candidati in collegi plurinominali collegate reciprocamente con liste circoscrizionali". Una bozza che la renziana Di Giorgi boccia così: "L'ipotesi di lavoro illustrata in commissione al Senato da Doris Lo Moro e Donato Bruno è del tutto insufficente e non condivisibile. Si tratta di un proporzionale e che, per di più, con un premio che scatta dal 40 per cento costringe ad ammucchiate che portano a tutto tranne che alla governabilità".

L'area renziana del Pd chiede che si lasci da parte ogni tipo di accordo al ribasso, ovvero che preveda uno schema proporzionale con il rischio di 'larghe intese per sempre' che si porta dietro. "Il Capo dello Stato giustamente invita a fare presto - dice il renziano Andrea Marucci - non a fare male. Il Porcellum va superato ma la nuova legge elettorale deve migliorare la situazione, non renderla immutabile. Matteo Renzi ha espresso una proposta che oggi è di tutto il Pd, tornare indietro non si può". Miguel Gotor, già 'consigliere' di Pier Luigi Bersani e ora senatore, fa notare che senza un accordo con il Pdl, alla fine resta il Porcellum: "Se si vuole per davvero cambiare il Porcellum è necessario trovare un`intesa con le altre forze politiche. Altrimenti si fa propaganda o, peggio, si dice di volerlo modificare, ma in realtà si è impegnati a mantenerlo in vigore nascondendo la mano. I modi che abbiamo visto praticati in questi anni sono due: o si rilancia di continuo la posta alla ricerca di una legge perfetta che garantisca in automatico la governabilità oppure si fa melina agitando lo spettro delle larghe intese per sempre".

Intanto le opposizioni insorgono per il vertice 'di maggioranza' oggi al Quirinale. Per primo tira fuori la questione Roberto Calderoli. "Ritengo inaccettabile, inaudito e assolutamente non previsto dalla Costituzione il vertice di maggioranza che di fatto ha convocato oggi il presidente Napolitano al Quirinale. Lui deve essere il presidente di tutti e non di maggioranza e non spetta certo a lui convocare vertici di maggioranza soprattutto in relazione a una materia squisitamente parlamentare come la materia elettorale". Durissimo poi il Movimento 5 Stelle: "Siamo di fronte all'ennesimo colpo di mano del Quirinale", dicono i capigruppo Paola Taverna e Alessio Villarosa e in serata arriva l'attacco al curaro di Grillo: "Sta succedendo una cosa vergognosa", con la complicità "delle tv e del mondo dell'informazione. Senza dire niente a nessuno Napolitano ha convocato degli esponenti del Pdl e pdmenoelle -c'erano Finocchiaro, Schifani- li ha invitati quasi di nascosto per modificare la legge elettorale. Ora passiamo dal Porcellum al Napolitarellum". Il leader del M5S rilancia la proposta "di impecheament per Napolitano", annunciando: "Abbiamo già dato mandato al nostro ufficio legale". Per Grillo, "vogliono cambiare la legge elettorale per tagliarci fuori" con un "giochetto miserabile. Vogliono tagliare fuori 9 milioni di italiani".

Critiche anche da Fratelli d'Italia con Guido Crosetto e da Sel con Loredana De Petris: "Troviamo a dir poco inconsueto che oggi si sia svolto al Quirinale un inedito vertice sulla legge elettorale tra il Presidente della Repubblica e i partiti della maggioranza, poco prima della presentazione della ipotesi di lavoro avanzata dai relatori sulla modifica del sistema elettorale".

Ma a fine giornata dal Colle si apprende che il Quirinale, "si riserva di ascoltare i vari gruppi di opposizione, nelle modalità più opportune", sul percorso parlamentare della riforma elettorale. Da sempre il capo dello Stato ha auspicato, per l'indispensabile revisione delle norme di elezione per Camera e Senato, il più ampio concorso possibile da parte di tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento

Torino, indagato Chiamparino per abuso d’ufficio

Sergio Chiamparino, ex sindaco di Torino e presidente della Compagnia di San Paolo, è indagato dalla procura di Torino per abuso in atti d’ufficio. Non appena ricevuto l’avviso di garanzia, Chiamparino ha annunciato che si dimetterà. «Sono assolutamente sereno e pronto a collaborare con la magistratura – ha scritto - convinto come sono di aver sempre cercato di perseguire l’interesse generale della Città, quindi anche a proposito delle concessioni di locali sui Murazzi del Po, oggetto dell’indagine. Rendendomi tuttavia conto dei possibili danni reputazionali che questa vicenda potrebbe arrecare alla Fondazione, che ho l’onore di presiedere, e per tenerla al riparo da questioni ad essa totalmente estranee, rimetterò il mio mandato al Consiglio Generale, già convocato per lunedì prossimo».

 

Un gesto, quello di Chiamparino, che ha provocato subito,la reazione dell’establishment torinese. «Un atto dovuto. È tutto quello che posso dire». E’ la dichiarazione del procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli. «Il gesto di Sergio Chiamparino - sostiene l’attuale sindaco, Piero Fassino - dimostra ancora una volta la sua sensibilità istituzionale, ma chiunque lo conosca non può avere dubbi sulla assoluta trasparenza e correttezza dei suoi comportamenti amministrativi. Per questo mi auguro che il Consiglio Generale della Compagnia di San Paolo confermi la sua fiducia al Presidente Chiamparino».

LA VICENDA - L a vicenda che vede indagato Chiamparino, riguarda i Murazzi del Po, zona precollinare della città dove si affacciano sul fiume decine di locali: bar, discoteche, anche il centro sociale Csa. Luoghi, secondo il sostituto procuratore Andrea Padalino, non sicuri, talvolta abusivi, irregolari sia perché costruiti troppo a ridosso del fiume sia perché troppo rumorosi. Ma c’è un aspetto considerato più grave nell’indagine, ed è quello in cui è coinvolto Chiamparino. Questi locali non pagavano il canone di concessione al Comune e per anni sono stati morosi. Già da prima del 2008 - anno in cui nove titolari su 12 non pagavano un euro alle casse di Palazzo civico – sono iniziati i mancati pagamenti, che hanno creato un buco nel bilancio di almeno 330mila euro. E l’amministrazione guidata da Chiamparino, anziché esigere gli arretrati, avrebbe chiuso un occhio. Non solo. Nel 2009 venne stilata una delibera – firmata dall’ex sindaco – con cui sostanzialmente si «sanava» la situazione precedente si faceva un mega sconto del 25 percento a tutti i gestori dei locali valido per il futuro.

ALTRI INDAGATI - Oltre a Chiamparino, sono indagati anche l’ex city manager di Torino, Cesare Vaciago, e Alessandro Altamura, ex assessore al Commercio. L’inchiesta, aperta nel marzo 2013, coinvolge già otto dirigenti e 12 gestori dei locali, oltre ai tre indagati odierni. Nei mesi scorsi i vigili hanno eseguito un maxi sequestro mettendo i sigilli ai portoni di tutti i locali e bloccando la «movida» del centro storico della città. Erano stati proprio i residenti della zona a dare l’avvio all’indagine presentando esposti in procura per gli schiamazzi notturni che impedivano loro di passare notti tranquille. Dai rumori gli inquirenti avevano scoperto che molti dehor non erano sicuri, perché a rischio di allagamento in caso di piene del Po. E poi era emerso l’aspetto più importante. Quello delle irregolarità dei pagamenti. C’erano gestori che non pagavano e che venivano ammessi comunque alla gestione delle concessioni. C’erano accordi presi tra Comune e privati senza provvedimenti. Gli sconti generosi. Prima dell’estate tutti i locali sono stati sequestrati e oggi restano chiusi. Tranne il Csa, centro sociale gestito dagli autonomi, molti dei quali vicini ad Askatasuna, che è stato rioccupato durante l’estate e tuttora è frequentato.

mercoledì 23 ottobre 2013

Compravendita di senatori, Berlusconi rinviato a giudizio

E’ arrivato il primo punto giudiziario sulla vicenda della compravendita dei senatori. Silvio Berlusconi e Valter Lavitola saranno processati dai giudici della IV sezione penale di Napoli a partire dall’11 febbraio 2014. Per Sergio De Gregorio il giudice per l’udienza preliminare Amelia Primavera ha ratificato il patteggiamento a 20 mesi. 


Cuore del processo il versamento dell’ex presidente del Consiglio di 3 milioni di euro a De Gregorio perché cambiasse schieramento e contribuisse a determinare la crisi del governo Prodi. La procura di Napoli aveva chiesto il giudizio immediato nei confronti del leader del Pdl, dell’ex senatore dell’Idv e dell’ex direttore dell’Avanti, ma il gip aveva respinto e si è quindi celebrata l’udienza preliminare.

Lavitola, nelle sue dichiarazioni spontanee davanti al giudice per l’udienza preliminare, questa mattina aveva dichiarato: “Sono stato corriere inconsapevole. Mi si accusa di avere portato mezzo milione di euro a De Gregorio in un pacchettino. Io ho dato questi soldi black (in nero, ndr), ma sono stato solo un postino, non conoscevo la ragione del pagamento”. La sua deposizione, però, è stata a tratti ambigua, ed è stato difficile distinguere le ammissioni di Lavitola dalle citazioni tratte dalle carte dell’accusa. Accusa secondo la quale Berlusconi avrebbe corrotto De Gregorio per far cadere la maggioranza di centrosinistra guidata da Romano Prodi dopo le elezioni del 2006, che al Senato si reggeva su un esiguo numero di voti.

Dopo questa frase nella quale l’ex direttore dell’Avanti sembrava ammettere quindi di aver portato mezzo milione in contanti al senatore De Gregorio per conto di Berlusconi, anche se da mero “corriere inconsapevole”, nel prosieguo delle sue dichiarazioni spontanee ha lasciato un velo di ambiguità: “Anche ammesso che io abbia effettuato questi pagamenti, sono stato un corriere”. Le sue dichiarazioni sono state interrotte dai pm in alcuni passaggi, ma Lavitola ha potuto comunque dare sfogo alla sua verve nei confronti dell’avvocato Niccolò Ghedini sulla cui professionalità ha usato parole pesanti e anche nei confronti di sua moglie: “Per fortuna mi hanno arrestato, la convivenza stava diventando impossibile”. Nell’udienza è stata ufficializzata anche la nomina del parlamentare Pdl Maurizio Paniz, celebre per aver sosetnuto alla Camera che Berlusconi fosse davvero convinto della parentela di Ruby, la giovane marocchina protagonista del processo che ha visto l’ex premier condannato in primo grado per concussione e prostituzione minorile, con l’ex presidente egiziano Mubarak.

L’avvocato di Silvio Berlusconi, Michele Cerabona, ha poi voluto precisare che Lavitola non ha fatto “ammissioni”, come riportato da “alcuni organi di stampa”, ma ha parlato per via “ipotetica”. L’avvocato Cerabona ha preannunciato inoltre che la sua linea sarà quella di sostenere che il reato di corruzione non si configura, dal momento che i parlamentari sono liberi di esercitare le loro funzioni.

Lavitola ha anche affermato di avere consegnato a De Gregorio consistenti somme di denaro provenienti dal finanziamento al quotidiano L’Avanti!, dei quali entrambi erano soci, e che parte del denaro era stato in precedenza prestato da De Gregorio allo stesso Lavitola.

Figuraccia di Carlo Sibilia (M5S): non sa la Costituzione. Letta ride e glielo fa notare.

I grillini....cittadini che vorrebbero far la rivoluzione, cambiare la Costituzione....e manco la sanno.

Ennesimo caso (purtroppo diciamo ennesimo, visto che questi siedono in Parlamento) in cui un politico, pardon, cittadino grillino manifesta la propria ignoranza nella materia "Diritto Costituzionale", fra l'altro in una parte molto importante, ovvero i poteri del Presidente della Repubblica e del Parlamento.

Il tuttologo Sibilia, rivolgendosi al premier Letta, dice:

    "Se avessimo ancora un Presidente della Repubblica veramente super partes, l'avrebbe già destituita dal suo incarico.."

Letta, nella risposta, fa notare la figuraccia del grillino:

    "Le aggiungo anche che il Presidente del Consiglio non può essere destituito dal Presidente della Repubblica ma soltanto da questo Parlamento che se vuole può votare la mozione di sfiducia nei nostri confronti"


La mozione di sfiducia è regolata dall'art. 94 della nostra Costituzione:

    Art. 94.
    Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
    Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
    Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
    Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.
    La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
     
Non è che Sibilia e gli altri del M5S siano andati a lezione di Diritto Costituzionale dalla Lombardi?

Curioso come, prima della risposta, lo stesso premier si metta a ridere chiedendo agli altri ministri "ma cosa sta dicendo?" e Sibilla non la prende bene:

    "Mi fa piacere che lei rida: purtroppo le persone sono poco credibili e ridono, giustamente."

No, guarda Sibilia....anche noi stiamo ridendo, e ti assicuro che siamo 100000 volte più credibili di te. Ridiamo della tua (anzi, vostra) imbarazzante impreparazione.

Decadenza Berlusconi, Pdl contro Grasso: 'Faziose le sue parole sul voto palese"

Scontro tra i capigruppo del Pdl e il presidente del Senato Pietro Grasso dopo le sue dichiarazioni sul voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Per Renato Brunetta tali dichiarazioni non sono "da presidente del Senato, ma da uomo di parte, anzi di fazione".


"Ritenere, come dice Grasso, che i senatori col voto segreto possano rispondere a 'interessi diversi' dalla coscienza è una insinuazione gravissima, che va contro il ruolo di garante della dignità dei parlamentari. Ricordo all'ex procuratore Grasso una frase di Falcone: 'il sospetto è l'anticamera della calunnia'. Cerchi di far valere le regole, il presidente Grasso, invece che inventarne di nuove ad uso delle sue attitudini inquisitorie'', conclude Brunetta.

Sulla stessa linea anche il presidente dei senatori del Pdl Renato Schifani: "E' molto grave che il presidente Grasso ipotizzi il voto palese, essendo il Regolamento sul punto chiaro ed inequivocabile. Un'eventuale interpretazione diversa in Giunta per il Regolamento, a colpi di maggioranza, sarebbe inaccettabile e noi ci opporremmo strenuamente ad una simile forzatura". "Sospettare, poi -aggiunge- che attraverso il voto segreto i senatori possano perseguire interessi diversi rispetto alla propria coscienza è incredibile, e ci auguriamo che si sia trattato di un malaugurato fraintendimento. Un chiarimento sarebbe quantomeno opportuno".

In difesa del presidente del Senato si schiera invece Luigi Zanda, capogruppo dei senatori del Pd: "Non c'è niente di 'incredibile' o di 'fazioso' nelle dichiarazioni del presidente Grasso. Le sue, sono solo parole di buon senso". "Sin dall'inizio di questa non semplice legislatura -aggiunge- il presidente Grasso ha sempre tenuto un comportamento equidistante e molto attento alle leggi dello Stato italiano e al Regolamento di palazzo Madama. Continuerà certamente a farlo in ogni altra circostanza del nostro futuro lavoro parlamentare".

martedì 22 ottobre 2013

Salvataggio Alitalia, British non ci sta “E’ un aiuto di Stato, pronti a vie legali”

L’ad della compagnia inglese: «L’Europa deve occuparsi della questione e far rispettare le regole».
Lupi: «Speriamo che Air France sottoscriva l’aumento di capitale»
International Airlines Group (Iag), casa madre delle compagnie aeree British Airways e Iberia, sta valutando tutte le opzioni legali possibili contro il piano di salvataggio di Alitalia. Secondo quanto riporta il sito britannico di Reuters, l’amministratore delegato di Iag, Willie Walsh, ha dichiarato nel corso di una conferenza a Londra che il gruppo “sta valutando la cosa con attenzione”, perché l’intervento di Poste in Alitalia “è un aiuto di Stato palese e siamo contrari, l’Europa deve occuparsi della questione e far applicare le regole che esistono”. Walsh ha dichiarato ancora che “le compagnie aeree che prendono aiuti di Stato danneggiano quelle che fanno le cose nel modo giusto”.



Intanto Air France non ha ancora sciolto le riserve sull’aumento di capitale: «Mi auguro che Air France sottoscriva l’aumento di capitale» spiega il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, intervenendo ad un convegno organizzato da Glocus, parlando di Alitalia. In caso contrario, ha proseguito, «vorrà dire che scenderà sotto l’11% e la ricerca di un partner internazionale sarebbe aperta ad altri».

Rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano delle indiscrezioni di stampa francese secondo cui Air France non sarebbe disposta a partecipare all’aumento di capitale, il ministro ha spiegato che: «Non mi sembra che lo abbia detto Air France. C’è tempo fino a metà novembre per la sottoscrizione. La compagnia francese ha votato a favore e mi auguro che lo sottoscriva». Secondo Lupi, «questa è la fase più importante. Dopo ci sarà il piano industriale e la ricerca di un partner principale». Il ministro ha poi sottolineato che il rapporto con il governo francese è «ottimo».

Antimafia: Bindi nuovo presidente, il Pdl insorge

L'esponente del Pd è passata al ballottaggio battendo Luigi Gaetti del M5S. Ma gli azzurri, che hanno disertato il voto, protestano: "E' un'imposizione". E minacciano di non partecipare ai lavori della Commissione per l'intera legislatura.Rosy Bindi del Pd è il nuovo presidente della commissione Antimafia. È stata eletta al ballottaggio con Luigi Gaetti del Movimento 5 Stelle, in una votazione a cui non ha partecipato il Pdl per protestare contro la "mancata condivisione" di un candidato di maggioranza.


L'elezione - La Bindi con 25 voti ha battuto al ballottaggio Luigi Gaetti del M5S, che ne ha presi 8. Due sono state le schede bianche e una nulla. L'elezione è arrivata dopo un po' di tira e molla: al primo turno a Rosy Bindi non erano infatti bastate le 23 preferenze raccolte. Il grillino Riccardo Nuti ha smentito qualsiasi "giallo" su una presunta spaccatura all'interno del M5S nel primo voto. Gaetti ha avuto 6 voti, e non 8, "perché lui stesso non si è votato e un altro nostro collega era in quel momento in missione. Quindi, nessuna spaccatura".

Le reazioni del Pdl - L'elezione è risultata indigesta soprattutto ai parlamentari del Pdl, che hanno accusato il centrosinistra di avere imposto il suo candidato e minacciano ora di disertare i lavori della commissione. "La delegazione del Pdl, in caso di elezione di un presidente nella seduta odierna, non parteciperà ai lavori della Commissione per l'intera legislatura", si legge nella nota diffusa poco prima del voto dai due capigruppo del Pdl Renato Brunetta della Camera e Renato Schifani del Senato. E su Twitter Maurizio Gasparri attribuisce al Pd un vero e proprio "strappo", consumato nel nome di una poltrona.


Bindi: “No guerra tra noi, ma alla mafia” - "Il mio primo impegno sarà quello di cercare di superare questa fase di concreta difficoltà con il Pdl perché tutti dobbiamo unirci nella lotta alla mafia". Così la presidente della commissione antimafia Rosy Bindi lasciando San Macuto dopo la votazione. "Spero che tutti si adopereranno per sanare questa frattura. Mi auguro anche che chi oggi non ha partecipato al voto riconosca che oggi c'è stato un voto. Se tutti insieme faremo un piccolo passo, potremo dire che siamo qui per combattere la mafia e non per farci la guerra tra di noi", aggiunge Bindi.

Pd, Renzi: ''Voglio voti di Pdl e Grillo''

"Vuoi anche i voti del centrodestra? Sì. E vuoi i voti di Grillo? Assolutamente sì. Non è uno scandalo, è logica: se non si ottengono i voti di coloro che non hanno votato il Partito democratico alle precedenti elezioni, si perde". E' la sfida di Matteo Renzi in vista della battaglia alla segreteria Pd, nella mozione congressuale , dal titolo 'Cambiare verso', da oggi on line sul sito del Pd insieme a quelle degli altri candidati Gianni Cuperlo, Gianni Pittella e Pippo Civati.


"Tra di noi abbiamo spesso dato l'idea di essere interessati a parlare soprattutto a chi c'era già: non basta più, se mai è bastato. Non parliamo solo ai gloriosi reduci di lunghe stagioni del passato. Vogliamo parlare a chi c'era, e coinvolgerlo. Ma anche a chi non c'era, a chi ci sarà, a chi ci potrebbe essere se solo fossimo capaci di generare apertura e di lasciarci ispirati dalla curiosità", sottolinea Renzi.

"Il Pd deve essere spalancato alla curiosità, non rinchiuso nelle proprie certezze. Siamo stati bravi a farci del male. Abbiamo respinto ai seggi persone, uomini e donne che, armati della propria passione, erano usciti di casa per esprimere un voto, una scelta per noi. Abbiamo escluso chi voleva partecipare. Cosa c'è di più sbagliato, se non arroccare un partito? Dobbiamo fare l'esatto contrario".

Renzi chiede al Congresso di pronunciarsi ''sul modello di partito che vogliamo offrire agli italiani. Noi crediamo nel bipolarismo e nell'alternanza. Pensiamo che le larghe intese siano una faticosa eccezione, non la regola".Per questo il Pd ha il ''dovere di fare la prima mossa'' sulla legge elettorale. Una legge che ''sia chiara, che faccia sapere subito chi ha vinto e chi ha perso, che garantisca a chi ha vinto di poter fare, a chi ha perso di controllare e soprattutto ai cittadini di giudicare"."Vogliamo cambiare verso a questo anno cambiando radicalmente non solo il gruppo dirigente che ha prodotto questa sconfitta, ma anche e soprattutto le idee che non hanno funzionato, le scelte che hanno fallito, i metodi che ci hanno impedito di parlare a tutti".

Punta sulla costruzione di un nuovo centrosinistra, Gianni Cuperlo. "Dobbiamo da subito costruire il cambiamento. L'orizzonte politico del Pd non sono le larghe intese come strategia, né un neocentrismo esplicito o camuffato. E neppure il sogno dell'autosufficienza. Lavoriamo per una moderna democrazia dell'alternanza, fondata su grandi partiti di tipo europeo", si legge nella mozione congressuale titolata 'Per la rivoluzione della dignità. "Bisogna costruire l'alternativa di un nuovo centrosinistra", secondo Cuperlo. "Dobbiamo fare più grande il Pd, essere perno e motore di una grande alleanza civica, politica e sociale, coinvolgendo le forze del lavoro, dell'impresa, della conoscenza, della società che si organizza. Di questa alleanza il sindacato è interlocutore essenziale, e le recenti intese con gli imprenditori dimostrano come la crisi rilanci urgenza e potenzialità del patto sociale".

Nuova legge elettorale e subito alle elezioni, è la strada indicata da Pippo Civati per chiudere finalmente un ventennio. "Il Pd, oggi al governo in una coalizione innaturale e che assume sempre più i connotati di un disegno politico nato in un accordo di Palazzo anziché da una proposta elettorale, ha bisogno innanzitutto di ritrovare il proprio profilo culturale e politico, e nel farlo ha il dovere di ricostruire il popolo della sinistra facendo in modo di essere da questo attraversato: per chiudere un ventennio, ci vogliono libere elezioni democratiche, con una nuova legge elettorale, che avremmo potuto e dovuto già avere individuato".

domenica 20 ottobre 2013

Per il Cav servizi sociali arma elettorale"

Nessuna limitazione alla sua libertà individuale. Potrà concedere interviste a tv e giornali e incontrare chiunque. Unici vincoli, orari e spostamenti. Una volta affidato ai servizi sociali, Silvio Berlusconi godrà di ampia libertà d'azione e potrà usare la sua condizione di 'condannato libero' per fare campagna elettorale in vista delle europee.


''Berlusconi sarà come un uomo libero che potrà tranquillamente parlare con i giornalisti, telefonare e incontrare chi gli pare'' spiega all'Adnkronos l'avvocato Paolo Tosoni, penalista di fama e legale di Mario Chiesa ai tempi di Tangentopoli.

''Se volesse, Berlusconi potrebbe addirittura utilizzare la sua condizione come un'arma in campagna elettorale'' assicura il legale che precisa: ''Le uniche limitazioni saranno quelle legate agli orari ed agli spostamenti'', che il Cavaliere dovrà osservare, pena la revoca dell'affidamento e l'immediata carcerazione, come previsto dal regolamento.

In particolare, l'ex premier non potrà uscire di casa prima delle 7 del mattino e dovrà rientrare nel domicilio concordato con il tribunale di sorveglianza entro le 21 (le 22 nel periodo estivo). ''Le verifiche che riguardano le questioni legate alla presenza della scorta - spiega Tosoni - non spettano al tribunale che dovrà invece verificare che il lavoro sia svolto in condizioni che non gli rendano possibile delinquere e che sia utile a ripagare la società del danno subito''.

Certo è che se si dovessero verificare situazioni per le quali impedimenti o complicazioni di varia natura dovessero rendere impossibile un sereno svolgimento delle mansioni previste, ''il tribunale potrebbe sempre revocare l'affidamento''. E sulla possibilità di un dietro-front da parte dei legali del Cavaliere che potrebbero cambiare strategia in corsa, Tosoni è chiaro: ''Il punto è che in realtà Berlusconi non ha scelta. Le sue due uniche alternative sono il carcere o l'affidamento. Non sono sicuro che ci sarebbero tutti gli estremi e le condizioni favorevoli, perché gli si possa accordare la custodia domiciliare. A meno che, ovviamente, non venga dimostrato che ci siano impedimenti legati a questioni di salute''.

In attesa della decisione del tribunale di sorveglianza, che dovrebbe arrivare solo tra alcuni mesi, Berlusconi sarà sottoposto ad una serie di colloqui con gli assistenti sociali che ne valuteranno, tra le altre cose, la sua predisposizione alla pena alternativa dei servizi sociali. ''Non è un presupposto fondamentale - puntualizza Tosoni - che il condannato accetti di aver commesso il reato. Basta il dato obiettivo, che è dato dai tre gradi di giudizio. Quello che conta è dimostrare che il lavoro svolto sia atto a ripagare la società''.

''In ogni caso, tenendo debitamente conto dell'eccezionalità della vicenda di Berlusconi, non credo che l'istituto dei servizi sociali sia adatto a lui. Il mio parere è che la sua situazione male si adatti alle prerogative necessarie, ma lo dico in senso positivo - tiene a precisare - non gli si può, per questo, negare la possibilità di scelta. Ci sono sicuramente delle complicazioni - conclude l'ex difensore di Chiesa - ma sono sicuro che si troveranno delle soluzioni adatte. Mi stupirei del contrario".

Intanto per Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, "non si può applicare retroattivamente una legge peraltro molto probabilmente incostituzionale. Il Senato si fermi e attenda la conclusione dell'iter giudiziario". Per questo l'esponente Pdl chiede alla politica, "governo compreso", di "riflettere sulla legge Severino, in evidente contrasto con altre norme e da sottoporre al vaglio della Corte".

Briatore :«Pdl senza Berlusconi ? Voto Renzi»

«Matteo Renzi in questa situazione prenderà molti voti. E se Berlusconi non è più in Forza Italia io stesso voterò Renzi e non il Pdl. Io voto le persone, non voto la politica. Io spero che finalmente arrivi qualcuno a fare la rivoluzione e nel momento in cui inizia gli diamo tutti una mano». È questo un passaggio dell’intervento di Flavio Briatore, imprenditore e manager, ospite dell’«Intervista» di Maria Latella su Sky Tg24.

 
MERITOCRAZIA - «In Italia non esiste meritocrazia, i soliti noti partecipano e i politici gli danno una mano. Manager che fanno danni alle ferrovie e poi li mandano all’Alitalia e rovinano pure quella e gli diamo soldi per mandarli via. La rivoluzione si deve fare, ma la deve fare la politica. Al governo ci vogliono persone competenti, a ministro della Sanità ci vuole un professionista e cosi’ alle telecomunicazioni» aggiunge Briatore. «Le tasse vanno portate al 30% e a chi non paga gli togliamo l’azienda -continua Briatore-. E’ inutile che il governo venda i gioielli di famiglia e i quadri. E’ inutile vendere proprietà dello Stato che finiranno nei buchi neri. Destiniamo quesi 14 euro in busta paga a chi ha pensioni basse. A che servono 14 euro in piu?».

venerdì 18 ottobre 2013

Scelta Civica, Monti: "Io tradito" Casini: "Atteggiamento rissoso"

Dimissioni irrevocabili da presidente di Scelta civica? "Sì. La natura del partito l'hanno stravolta...". Lo dice Mario Monti, lasciando palazzo Giustiniani dopo il convegno su Wilfred Martens a cui hanno partecipato anche Pier Ferdinando Casini, Mario Mauro e Angelino Alfano.


Per l'ex premier questo snaturamento sarebbe avvenuto sotto "due profili: da un lato, c'è chi, come alcuni senatori considerati autorevoli, con l'aggiunta di Casini e Mauro, vuole che il sostegno al governo senza se e senza ma e chi, invece, ritiene debba sollecitarlo ad un impegno intenso e ad una maggiore capacità da parte del presidente del Consiglio di moderare la predominanza dei due partiti maggiori".

"In secondo luogo, non era nella linea di Scelta civica aprire ad un Pdl che non si fosse prima emendato di alcune personalità" prosegue Monti, con evidente riferimento all'incontro dell'altro giorno con Silvio Berlusconi e Angelino Alfano da parte del ministro della Difesa, e senatore Sc, Mario Mauro. Il ministro si dice "molto dispiaciuto" per le dimissioni di Monti. Casini invece si tira fuori: "Le cose di Scelta civica non mi interessano. Dico solo che la politica ha delle regole chiare. Le accuse di Monti nei miei confronti sono semplicemente ridicole - afferma Casini -. Monti sa cosa significa governare questo paese quando c'é una maggioranza litigiosa. Questa politica del doppio binario, questo atteggiamento rissoso, anche da parte di Monti, sull'azione dell'esecutivo, questi continui distinguo, non sono accettabili" sottolinea il leader Udc. Quanto alle dimissioni dell'ex premier da presidente di Scelta civica, "non gli chiederò di ritirarle perché questo non mi riguarda".

Intanto, i senatori di Sc hanno ricevuto un sms con la scovocazione dell'assemblea del gruppo, che era stata indetta per martedì prossimo.

L'ex premier usa parole dure per commentare la lettera degli '11' presentata giovedì che di fatto ha portato le sue dimissioni da presidente del partito. E' stata "tradita l'ispirazione di un partito che loro mi hanno chiesto di formare anche per portarli o riportarli in Parlamento'' sottolinea Monti. Nessun passo indietro, dunque. ''Non mi interesso più di Scelta Civica''. L'ex premier si toglie qualche sassolino dalla scarpa parlando di un partito per il quale lui stava lavorando ai fini dell'adesione al Ppe ''purché ci fosse l'assicurazione che non avremmo subito il potere di veto di forze politiche nel Ppe meno europeiste di noi''. Il riferimento al Pdl appare subito chiaro quando l'ex premier rimprovera al partito di Berlusconi e Alfano un europeismo ''a corrente alternata, dubbio, venato di ambiguità e che soprattutto in campagna elettorale tende a passare dal popolarismo al populismo''. In ogni caso, il senatore a vita auspica che Scelta Civica venga accolta in quel Ppe dove però il tasso di europeismo e popolarismo ''della rappresentanza italiana più numerosa'' risulti più profondo e coerente.

C'è chi legge la svolta in Scelta civica, che ha portato alle dimissioni del suo leader, come una manovra studiata per saldare un asse con il Quirinale. "Credo che sarebbe molto offensivo per il Presidente della Repubblica prestare fede ad una visione cosìbassa" replica all'Adnkronos lo stesso Monti, rispetto a chi, nel partito, spiega gli sviluppi delle ultime ore come un'operazione per garantire al governo Letta un sostegno senza cedimenti, in armonia con quelle che vengono ritenute le aspettative del Colle.

Debito, Letta conclude il viaggio negli Usa: "L'Italia prima di Maastricht? Un disastro"

Un paese che non ha una nuova generazione al timone è un paese senza speranza''. Lo ha constatato il premier Enrico Letta riferendosi in particolare all'Italia nel corso di un intervento a Brookings Institution in tema di sfide per l'Europa all'indomani dell'eurocrisi. Letta ha quindi ricordato come tanti giovani italiani siano stati costretti ad andarsene ma questo, a suo avviso, ''non può esser la sola soluzione: anche in Italia - ha osservato - ci può essere un cambio generazionale''.


Tornando a parlare di conti pubblici e del debito italiano, per il premier questi devono rimanere sotto controllo per poter ricominciare a crescere. Per questo, il vincolo dell'Europa non può che far bene all'Italia. "Per l'Italia - si augura Letta - mai più debito''. E, ancora: ''Dirò qualcosa di impopolare - ha aggiunto - ma prima di Maastricht, l'Italia (per quello che riguarda il debito) era un disastro''.

Nel caso italiano, insomma, secondo il premier una politica del rigore ben calibrata è indispensabile: ''senza tassi d'interesse bassi il nostro debito sarebbe insostenibile''. E bassi tassi d'interesse sono possibili solo se c'è stabilità che è anche - ripete più volte - la premessa indispensabile per crescere. A Washington Letta si guarda bene dal commentare le tensioni create anche nella sua maggioranza dalla legge di stabilità. Non rinuncia tuttavia a far notare che c'è una bella differenza tra pagare il 3% o il 6% d'interessi sul debito. Lo scarto vale circa 30 miliardi di euro e, a detta del Premier, ''permetterebbe di abbassare le tasse e combattere la disoccupazione''.

In Italia intanto, evidenzia ancora il Premier, i tassi sono arrivati ai livelli più bassi degli ultimi due anni e questi sono ''ottimi risultati''. Cioè ''fatti e non parole, e sono i fatti a contare'' dice, rispedendo velatamente al mittente le critiche sulla manovra. Forte del sostegno che ha appena incassato dalla Casa Bianca, questa mattina Letta comincerà ad occuparsi di questa e delle altre questioni.

Dopo il fango di Santoro con la Bonev ,Francesca Pascale chiede maxi risarcimento.

Pdl contro Santoro all'indomani dell'intervista rilasciata dall'attrice Michelle Bonev, che durante la puntata di giovedì sera di Servizio Pubblico ha raccontato la sua versione delle notti di Arcore. Parole che seguono quelle di qualche giorno fa, quando la regista e produttrice bulgara aveva scritto sul suo blog che Francesca Pascale "era stata più che una sua amica", in quanto "lesbica". E che la storia con Silvio Berlusconi non era altro che una messa in scena.

Su tutti, proprio la compagna del Cavaliere, che sta valutando con i suoi avvocati la possibilità di chiedere un risarcimento danni da 10 milioni di euro a Santoro, Bonev e Urbano Cairo, editore di 'La7'. La somma, riferiscono fonti pidielline, potrebbe essere destinata interamente alle case-famiglia di Napoli.

Renato Schifani, presidente dei senatori del Pdl, si chiede "se questo è giornalismo. La trasmissione di Santoro ieri sera ha toccato davvero il fondo. L'intervista alla Bonev, creata ad arte, era pensata e finalizzata unicamente per gettare fango e discredito sul presidente Berlusconi".

"Ci chiediamo se non sia opportuno in questo caso anche un intervento deciso dell'ordine professionale, a tutela del pubblico e contro chi ha ideato e mandato in onda simili volgarità", aggiunge Schifani.

Mentre il deputato Pdl, Gianfranco Rotondi: "Come deputato di Napoli esprimo a Francesca Pascale affetto e stima per lo stile con cui affronta l'aggressione mediatica di questi giorni di stampo squadristico".

"Santoro 'inaugura' la stagione di nuovi veleni contro Silvio Berlusconi perché è convinto che le elezioni sono alle porte e il centrodestra potrebbe oggettivamente vincerle, pertanto vuole impedirlo gettando fumo negli occhi agli italiani, oppure non riesce proprio a resistere al richiamo della foresta di 'cianciminiana' memoria, prestandosi a fare da megafono a qualsivoglia congettura e illazione?'', così la portavoce del gruppo Pdl alla Camera dei deputati Mara Carfagna, commentando l'intervista a Michelle Bonev, andata in onda ieri sera a Servizio pubblico.

Sulla questione interviene anche Ignazio La Russa, deputato e presidente di Fratelli d'Italia: "Toni e contenuti ributtanti. Stavolta coinvolgendo la compagna di Berlusconi, usando di fatto il metodo mafioso della 'vendetta trasversale'. Cosa sarebbe successo se qualcuno avesse dato spazio 'ingiusto' per attaccare il compagno di Vendola o di Crocetta? Ma si sa, neanche il gossip calunnioso è uguale per tutti".

giovedì 17 ottobre 2013

Carceri, Cancellieri: 64mila detenuti in cella, più di un terzo per spaccio di droga

Sono 64.564 i detenuti nelle carceri italiane al 14 ottobre 2013, «un numero molto superiore» rispetto a una capienza regolamentare di 47.599 posti, ma «questo dato subisce una flessione abbastanza rilevante per effetto del mancato utilizzo di spazi, quantificabile in circa 4.500 posti regolamentari». I detenuti in custodia cautelare sono 24.744. Lo ha riferito il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, durate un'audizione in Commissione Giustizia alla Camera.


I condannati definitivamente, ha aggiunto il ministro, sono 38.625, gli internati 1.195. Tra i detenuti in custodia cautelare 12.348 sono i detenuti ancora in attesa del primo grado di giudizio; 6.355 sono stati condannati in primo grado e sono in attesa della decisione di appello; 4.387 sono condannati in uno o entrambi i gradi di giudizio di merito e sono in attesa della decisione della Cassazione.

«Sempre per quanto attiene al numero delle persone in custodia cautelare - ha osservato Cancellieri - va rilevato come a partire dal giugno 2009 (quando si raggiunse il picco dei 31 mila detenuti in custodia) si è registrato un progressivo decremento pari a circa il 20% (con circa 6.500 detenuti in meno, posto che oggi sono 24.500). Per converso, vi è stato nello stesso periodo un aumento consistente dei detenuti definitivi che nel giugno del 2009 erano 30.549 ed in 4 anni sono aumentati di quasi 10.000 unità».

Il reato per il quale è ristretto il maggior numero di detenuti è quello di produzione e spaccio di stupefacenti: per tali fattispecie sono ristrette ben 23.094 persone, ha affermato ancora Cancellieri.

Il secondo reato - ha spiegato il ministro, sottolineando che l'analisi viene condotta sul reato più grave ascritto a ciascun detenuto - è la rapina con 9.473 presenze, il terzo è l'omicidio volontario (9.077). Seguono l'estorsione (4.238), il furto (3.853), la violenza sessuale (2.755), la ricettazione (2.732).

I detenuti per associazione di stampo mafioso sono 1.424: «Si tratta di un numero basso trattandosi di reato spesso associato a fattispecie di maggiore gravità come l'estorsione o l'omicidio». Sono circa 500 infine i detenuti per sequestro di persona, associazione per delinquere, violenza privata, violenza e resistenza a pubblico ufficiale, maltrattamenti in famiglia, atti sessuali con minorenni.

Sono 23.022 i detenuti nelle carceri italiane che devono scontare una pena residua inferiore ai tre
anni, ha precisato ancora il ministro della Giustizia. A fronte dei 38.625 condannati, ha precisato Cancellieri, 9.598 hanno una pena residua inferiore a un anno, 7.735 tra uno e due anni e 5.689 da due a tre anni.

«Prima dell'indulto del 2006 i detenuti presenti in carcere erano 61.400. Con il provvedimento di
clemenza, a partire dal luglio 2006, sono usciti dal carcere 26.000 detenuti definitivi (22 mila nei mesi
immediatamente successivi all'entrata in vigore) con una pena residua non superiore a tre anni», ha detto Cancellieri.

Dal 2006 e per i primi quattro anni successivi, ha sottolineato il guardasigilli, «il ritmo di crescita delle
presenze è stato molto elevato, con una media di oltre settemila unità in più all'anno, fino a giungere a un picco nel 2009 di oltre 69.000 detenuti, trentamila in più di quelli presenti dopo l'applicazione dell'indulto».

Videotestamento di Erich Priebke : via Rasella fu cercato per scatenare una rappresaglia !

L’attentato di via Rasella fu cercato per scatenare una rappresaglia. E’ la convinzione di Erich Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine, sostenuta nel suo videotestamento. L’agguato sarebbe stato compiuto apposta dai ‘Gap comunisti’ per provocare la rappresaglia da parte dei tedeschi e ottenere la rivolta della popolazione.”L’attentato di via Rasella fu fatto sapendo che – ritiene l’ex ufficiale nazista morto a Roma venerdì scorso – dopo l’attentato viene la rappresaglia poiché Kesselring quando ha preso il suo comando in Italia ha fatto mettere sui muri un avviso che spiegava che qualunque attentato contro i tedeschi era punito con la rappresaglia. Questo è risaputo – argomenta l’ex capitano delle SS – e loro lo hanno fatto a proposito perché pensavano che una nostra rappresaglia poteva creare una rivoluzione della popolazione”.


Parlando dell’eccidio in cui furono uccisi 335 civili (fucilati alle spalle con le mani legate e poi i loro corpi seppelliti dalle rocce fatte esplodere con le mine) sostiene che si trattava di un ordine al quale “non era possibile rifiutarsi”. L’ex ufficiale di Hitler racconta che l’ordine di eseguire la rappresaglia fu dato al capitano Schultz. “Il capitano Schultz fu eletto da Kappler come organizzatore della rappresaglia. Lui era già stato in guerra nel fronte contro i russi ed era più abituato alla morte e alle rappresaglie. Per noi, per me e gli altri, era una cosa terribile”. Alla domanda se era possibile rifiutarsi Priebke risponde: “Naturalmente non era possibile rifiutarsi. Schultz – spiega Priebke – prima della rappresaglia disse a tutti: ‘questo è un ordine di Hitler che dobbiamo eseguire e chi non vuole farlo meglio che si metta con le altre vittime perché sara’ anche lui fucilato’”.

Il video messaggio si conclude mostrando la frase letta da Priebke nel corso dell’udienza del 3 aprile del 1996 davanti al Tribunale militare di Roma. “Sento, dal profondo del cuore – la dichiarazione letta da Priebke e mostrata nel video messaggio – il bisogno di esprimere le mie condoglianze per il dolore dei parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine… Come credente non ho mai dimenticato questo tragico fatto, per me l’ordine di partecipare all’azione fu una grande tragedia intima… Io penso ai morti con venerazione e mi sento unito ai vivi nel loro dolore”.

Carlo Verdone: "Troppi scandali hanno messo in svendita Roma e l'Italia. Il nostro un Paese di indagati"

“Questa situazione di degrado mi sembra che vada avanti da un bel po’ di tempo e tocca vari aspetti: c’è una crisi economica a livello internazionale con conseguenze che riguardano tutti, ma c’è anche una cattiva gestione da parte delle amministrazioni e le cattive abitudini di alcuni cittadini che evadono”, così risponde  Carlo Verdone quando gli domandiamo se i gravi problemi economici della Capitale, che rischia il default, siano lo specchio della situazione drammatica del paese.

“Ci sono troppi scandali, troppi soldi buttati, troppi “aiuti” agli amici degli amici… alla fine hanno ridotto questa città, e questo paese, in un paese in svendita. Telecom, Alitalia, industrie farmaceutiche e tessili prese dai cinesi, aziende che chiudono… ma che ci rimane di italiano qua? Credo che le ultime risorse siano la cultura e il turismo, ma vanno aiutati. Quando vengo a sapere che devono arrivare gli stranieri per rimettere a posto Ercolano ci resto male…abbiamo svenduto pure la cultura?”. 

Il regista ha preso parte ad uno spot, diretto dal critico cinematografico Giovanni Bogani, prodotto dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica Onlus e volto a sensibilizzare l’opinione pubblica su questa grave malattia genetica. Si sente un privilegiato Verdone, in un paese che va in malora e non trova il modo di fermare il proprio declino. La morale sembra essere che chi sta male sta sempre peggio e chi, un tempo, aveva una vita normale e benestante, oggi si trova ai margini della società.

È una strada senza uscita?

"In un’intervista mi hanno accusato di essere pessimista, ma io osservo solo realtà e vedo ragazzi costretti ad emigrare per specializzarsi, per fare ricerca, e questo mi preoccupa. Questa è una generazione di giovani che emigrano per imparare qualcosa, ma dove sono i professori che allenano le future generazioni? Io vedo solo un popolo di indagati. Certo ci sono anche le persone perbene, ma sono poche, invece ci vorrebbe una grossa rivoluzione di brave persone che rimettono le cose a posto".

Pensa che nell’ambito della politica ci sia qualcuno in grado di rimettere a posto le cose?

"Francamente non lo so, vorrei vederli all’opera… posso dire che non ritengo Letta una cattiva persona, anche Renzi mi sembra che possa portare un vento di novità. Al momento sembra che vogliano fare qualcosa, io me lo auguro perché abbiamo bisogno di persone valide, credibili e oneste. Basta con chi pensa solo al bene proprio e non al bene comune, questo comportamento ha messo l’Italia in grosse difficoltà e rischiamo una perdita d’identità".
Nei suoi film ha sempre tratteggiato con cura personaggi che in qualche modo erano lo specchio del paese, ad esempio nell’ultimo film parlava di padri divorziati che non riescono a sbarcare il lunario. 

Oggi che cosa porterebbe al cinema?

"Visto che siamo un paese sempre in emergenza, parlerei dell’emergenza del momento cercando di piegarla in commedia trovando il lato ironico anche in una situazione difficile. Non ci si può esimere dal raccontare la realtà, altrimenti al pubblico non lasci niente, e poi io sono un attento osservatore delle cose che mi circondano… ci vuole solo abilità nel far diventare tutto questo un film, se non comico, almeno brillante. Se dovessi girare in questo momento penso che parlerei di tutte quelle persone, anche amici miei, che erano benestanti e ora sono ridotte in miseria perché hanno perso il lavoro. Io sento sempre parlare di tasse, tasse, tasse…ma se uccidi il cittadino con tutte queste tasse, anche quello benestante, i consumi si bloccano e così a catena chiuderanno i negozi, le ditte e così via. Direi che anche questa politica fiscale comincia a diventare un’emergenza, soprattutto per chi non ha lavoro…io mi ritengo fortunato, ma ci sono pensionati che vivono con 480 euro al mese: mi spiega lei come fa un uomo a vivere con 480 euro al mese? E’ uno schifo, io mi vergogno.

Il Leone d’Oro è andato a Sacro Gra, un film sull’estrema periferia romana che fotografa anche lo straniamento e l’isolamento della gente che vive ai margini della grande città. Lei che ne pensa?

"E’ un film-documentario che mi è piaciuto molto, pieno di poesia, semplice, senza grosse pretese, dove il regista ha mostrato una forte sensibilità nel saper cogliere dei personaggi straordinari. Sono anime pure che sembrano venire da un pianeta diverso e che invece vivono ai margini di Roma, sotto agli aeroplani che si alzano e atterrano e ai bordi del traffico congestionato del grande raccordo anulare, sempre così pieno di persone che vanno e vengono".

La sua amata città sembra in agonia, sono finiti i tempi della Roma di Veltroni simbolo di cultura e rinascita per tutto il paese?

"Io amo tantissimo questa città, la fotografo continuamente sempre dallo stesso punto con una luce diversa, solo che ultimamente sono passato al bianco e nero perché mi dà delle emozioni fortissime…è come una voglia nostalgica di tornare al passato, ai bei tempi. Oggi vedo una città sciatta e la sciatteria a lungo andare porta alla distruzione: Roma ha bisogno di tanti di quei soldi per rimetterla a posto che fa impressione, è lasciata a se stessa e per me questo significa solo che non vogliono più bene a Roma. Ancora è presto per giudicare, ma spero che Marino sappia imprimere un nuovo corso alle cose.

A proposito della sua partecipazione allo spot, quanto è importante la presenza di personaggi famosi per attirare l’attenzione su temi che sembrano ignorati dalla maggior parte delle persone?

Io ho accettato con molto entusiasmo, è come un atto dovuto per me: io ho ricevuto molto dalla vita e dalla gente e se persone in difficoltà stanno studiando questa terribile malattia che è piena di portatori sani, penso che metterci la faccia sia il minimo, è un gesto concreto, un modo per dire grazie alla gente per quello che mi ha dato, ma anche io devo dare qualcosa. Sono cose che si devono fare e non bisogna ringraziare chi le fa.